28. ott, 2022

"Il deserto educativo va affrontato con esempi positivi"

"Caro direttore,
ho letto l'intervista di Giulio Gori al maestro di strada Cesare Moreno, sul Corriere Fiorentino di martedì 25 ottobre, che ho trovato ricca di spunti di riflessione. Vorrei poter dare il mio contributo. Sono un pedagogista clinico e da anni lavoro in contesti educativi con bambini, adolescenti e famiglie. 
Quello che è emerso nello stare a contatto con i ragazzi è una dis-regolazione emotiva, che si verifica quando questi si scoprono fragili nel passaggio dall’età infantile a quella adulta, ricercando un’identità che trovano nel gruppo. 
L’identificazione è una fase fondamentale nella crescita e nella costruzione dell’identità, e nel gruppo ritrovano conferma della propria esistenza, una legittimazione senza la quale si sentono poco e nulla. 
Quando attorno agli adolescenti si estende un deserto educativo e le uniche figure presenti sono adulti poco credibili, viene a mancare un riferimento importante per la crescita. 
Il non riconoscere le proprie emozioni, il non saperle gestire , il canalizzare le energie in modo non adeguato, fa sì che la rabbia, la frustrazione, la tristezza, sfocino in episodi di violenza contro se stessi (autolesionismo, dipendenze, disturbi alimentari, ecc) o contro gli altri (bullismo, criminalità, vandalismo). 
Pertanto risulterebbe fondamentale aiutare i ragazzi a trasformare la rabbia e lo smarrimento in energia positiva, sostenendo la genitorialità attraverso percorsi continuativi.  
I ragazzi hanno più bisogno di esempi che di critiche, di più ascolto e maggior silenzio. 
C’è tuttavia un aspetto da tenere a mente, quando si parla di episodi di questa gravità: la grande maggioranza dei giovani emulano modelli positivi ed è importante che questo venga evidenziato, per il processo di identificazione. 
L’esaltazione di episodi negativi, anche da parte degli operatori dell’informazione, se da una parte permette di rendere noto uno spaccato preoccupante della società e dei più giovani, dall’altra rischia di legittimare, alimentare, rappresentare uno spazio che i ragazzi delle baby gang hanno bisogno di prendersi, facendolo in modo disregolato. 
Il bisogno di uno spazio, di una voce, di un riconoscimento, è comune a tutti, ai più piccoli, ma anche ai più grandi. C’è chi, come in questi casi, ha più difficoltà a trovare il proprio posto, manifestando un disagio attraverso questi strumenti. 
Abbiamo bisogno di modelli e riferimenti positivi, che ne se parli, che se ne venga a conoscenza. Perché ci sia speranza, perché questi ragazzi si possano identificare con altro di bello, perchè sappiano l'esistenza di alternative valide che possano dare loro voce e spazio, senza danneggiare nessuno, soprattutto loro stessi".